LE PASSERELLE CONTRO LA DISPERSIONE

Un ragazzo su quattro non raggiunge il diploma.

Un’interrogazione parlamentare di Civici Innovatori chiede di introdurre le passerelle cancellate da una lettera del MIUR e mai regolamentate

Si può fare… si deve fare qualcosa.

Quando si parla di società civile e del suo rapporto con la politica, spesso si articolano ragionamenti astratti e retorici. Forse vale la pena di guardare ad esempi concreti di come una segnalazione che arriva dal “basso” possa tradursi in politica.

Nel caso della scuola, la riforma del 2005 e le successive hanno introdotto il principio del biennio superiore con valore orientativo. L’idea è (era) quella di avvicinare le programmazioni delle diverse scuole e indirizzi concentrando l’attività didattica sulle competenze di cittadinanza in modo da rendere più semplice il passaggio tra scuole per quei ragazzi che si accorgono di non aver scelto la scuola adatta a loro. Questo diritto, sancito e ribadito dalle riforme, risponde alla costatazione di come sia difficile scegliere il proprio futuro a quattordici anni ed, allo stesso tempo, affronta la causa principale dell’abbandono scolastico che è fortemente legato alla perdita di motivazione dei ragazzi.

Da quel lontano 2005 la politica non è stata in grado di definire formalmente come si possano gestire i passaggi tra scuole, lasciando un vuoto di regolamentazione.

Questo vuoto non giustifica però la cancellazione di un diritto, perché di fatto la lettera del ministero, che ha segnalato nel 2016 alle scuole il divieto di accogliere in corso d’anno studenti provenienti da scuole di indirizzo diverso, ha cancellato la possibilità di cambiare scuola.

Tutto, stando alla lettera, verrebbe rimandato a settembre dell’anno successivo, con la richiesta di superare prove di idoneità per il nuovo percorso.

È corretto che i ragazzi si preparino e adeguino le proprie competenze a quelle attese nel nuovo percorso. Però questo stacco temporale condanna chi si è reso conto di aver cambiato scuola a poltrire sul divano, perdendo progressivamente nel tempo la motivazione per inserirsi in un nuovo percorso.

La risposta all’interrogazione della ministra Fedeli segnala che questo impedimento non vale genericamente per i primi mesi del primo anno scolastico e richiama un fantomatico servizio di orientamento per ragazzi e famiglie in capo agli uffici scolastici regionali.

Nella pratica di questi anni senza regolamentazione, abbiamo visto nascere e svilupparsi iniziative territoriali dove i ragazzi sono stati orientati e accompagnati verso nuovi indirizzi di studio, costruendo percorsi di formazione e visite nelle scuole di destinazione per superare gli ostacoli al passaggio legati alle competenze acquisite e quelle attese nella nuova scuola.

Queste iniziative rappresentano la capacità civile di una società che riesce a riempire i vuoti normativi con la capacità e la volontà di aiuto che contraddistingue le forze vitali e vivaci di questo Paese.

Così il richiamo a queste iniziative è stato il “consiglio” che l’onorevole Mazziotti del gruppo parlamentare Civici e Innovatori ha offerto nella replica alla ministra.

Si può fare… si deve fare

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